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Con l'alcol i giovani combattono l'ansia: intervista alla prof. Liliana Dell'Osso

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Con l'alcol i giovani combattono l'ansia
Intervista alla psichiatra Liliana Dell'Osso sulla fobia sociale, un disturbo in aumento esponenziale e causa di altre malattie
di Candida Virgone


PISA - Si beve e ci si impasticca in discoteca soprattutto per apparire più spigliati. Così il bere, ad esempio, flagello delle ultime generazioni ampiamente sottovalutato, soprattutto secondo psichiatri e psicologi, non sarebbe solo una moda, ma un espediente per combattere il cosiddetto das, disturbo da ansia sociale, qualcosa di più frequente del panico e che affligge il 13% della popolazione generale, ma in misura maggiore le donne. Un disturbo vero e proprio in continua espansione, spesso genetico, ma di origine anche ambientale per gli esperti, preso sottogamba dalle stesse famiglie, perché è più facile tagliar corto prendendosela con la timidezza del carattere, piuttosto che ammettere in casa un problema mentale invece incombente e in continuo aumento. Ne parliamo con la professoressa Liliana Dell'Osso, direttore dell'unità operativa 1 di psichiatria dell'Aoup, azienda ospedaliero-universitaria pisana, e direttore della scuola di specializzazione in psichiatria dell'università di Pisa.


Professoressa, cos'è la fobia sociale?
È un disturbo d'ansia caratterizzato dalla paura persistente, in svariate situazioni della vita e della giornata, del giudizio degli altri e del timore di apparire goffi o non all'altezza.


Quanta gente ne soffre?
È un problema diffuso ma studiato solo dagli anni Ottanta anche se il concetto di ansia sociale nella psichiatria classica è sempre esistito. Fra i disturbi d'ansia la fobia sociale è il meno conosciuto nonostante sia molto diffuso: secondo alcuni studi epidemiologici statunitensi ne soffrono venti milioni di americani, di fatto si manifesta nel 13% della popolazione generale e ne sono più colpite le donne.


Perché?
Maggiore insicurezza in certe circostanze rispetto agli uomini, i quali in ogni caso chiedono invece più facilmente aiuto soprattutto se ricoprono posizioni autorevoli che possono esasperare le paure sociali.


Quando si manifesta questo disturbo?
Intanto bisogna dire che c'è una componente genetica, per cui il figlio del socialfobico avrà un alto rischio di esserlo, e poi c'è la condizione ambientale che ovviamente esaspera il problema. Si può manifestare fin dalla prima infanzia, per quanto l'insorgenza precoce è fa gli 11 e i 15 anni, nell'80% dei casi genericamente prima dei 25. Spesso può essere anche causa di altri disturbi psichiatrici, per cui si parla di comorbidità. Si può partire con un quadro di agorafobia, depressione, abuso di alcol, cannabinoidi, sedativi e tabacco o l'ansia sociale ne può essere una causa o ancora arrivare in contemporanea. Ecco che ad esempio si beve e si prendono delle sostanze.


Come si riconosce?
Avere ansia in certe situazioni sociali qualche volta è normalissimo, anzi è un fattore adattativo, ma è l'intensità di questa ansia che deve preoccupare. Chi ne soffre teme le relazioni normali, il giudizio degli altri, evita le situazioni temute pur rendendosi conto che tutto questo è irrazionale. Ci sono due sottotipi di questo disturbo: la forma specifica, limitata a certe situazioni, e quella generalizzata, che ti cambia la vita. Infatti i socialfobici, ad esempio, hanno paura di parlare a poche persone o ad estranei, di incontrare gente nuova, di mangiare, ballare o scrivere in pubblico, di andare ad un ricevimento, entrare in una stanza dove ci sono altre persone, parlare banalmente al telefono, fare acquisti in un negozio. I sintomi fisici sono l'arrossire, palpitazioni, vertigini, tremori, sudorazione, vampate di caldo, difficoltà di respiro. Allora si innesca la condotta di evitamento che limita una vita normale, il lavoro, le relazioni, le attività abituali: infatti i due terzi dei socialfobici sono single, più di metà non ha terminato gli studi superiori, un quinto è inabile al lavoro...


Quando nasce il das?
Gli etologi dicono che si sviluppa come parte della vita aggregativa e poi diventa parte del patrimonio genetico: dovrebbe farci valutare il grado di minaccia o dominio degli altri consentendo l'equilibrio fra aggressione e inibizione. Ma chi è socialfobico vede negli altri esibizione di potere e tende a sottomissione, autodenigrazione, occhi e voce bassi, capo chino...


Come si guarisce?
Purtroppo si tratta di un disturbo non conosciuto, sottovalutato, confuso con la timidezza, vissuto in silenzio, banalizzato da familiari e amici che non capiscono il malessere del paziente, non sanno che si può curare e mai accetterebbero di trovarsi di fronte ad un problema mentale. Così la richiesta di aiuto è tardiva, in genere dopo i 17 anni, il problema rischia di cronicizzarsi e diventare progressivamente invalidante. Tutto questo porta a comorbidità, cioè la presenza di altri mali come la depressione (16%) e l'abuso di alcol e farmaci (30%) che è responsabile dell'aumento del rischio di tentati suicidi e suicidi....


La cura?

Psicoterapia: fra le tecniche il social skills training associa una terapia di supporto con tecniche di esposizione per imparare comportamenti che limitano l'ansia. Farmacologicamente benzodiazepine e betabloccanti per le forme specifiche e antidepressivi per quelle più gravi


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)