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Depressione e Disturbo Bipolare allo specchio: cosa vede e cosa non vede il paziente

Depressione e Disturbo Bipolare allo specchio: cosa vede e cosa non vede il paziente

 

Depressione e Disturbo Bipolare allo specchio: cosa vede e cosa non vede il paziente




dr. Matteo PACINI - Psichiatra, Psicoterapeuta, Medico delle dipendenze


Il rapporto delle persone con le proprie funzioni mentali non è sempre lo stesso. Alcune persone che soffrono di problemi psichici li riferiscono con buona corrispondenza, altri disturbi invece si riconoscono dai comportamenti, mentre la “presentazione” che le persone ne fanno è parziale e a volte distorta.


I nostri cervelli vedono in maniera diversa l’essere ansiosi, l’essere eccitati o l’essere depressi, perché gli occhi con cui ci vediamo nei nostri pensieri e comportamenti non possono comunque vedere sé stessi che guardano.

 

Si può dire che in generale i sintomi che sono riferiti più spesso sono quelli ansiosi o neurovegetativi.

I sintomi più “gettonati” sono:

  • l’ansia,

  • la preoccupazione,

  • l’insonnia,

  • i problemi corporei di vario tipo (dai dolori ai disturbi digestivi).

     

    Una persona che ha soltanto una condizione di depressione “pura” (cioè un rallentamento generale delle funzioni mentali e un abbassamento dell’umore) ha una probabilità bassa di rivolgersi al medico, e di farlo appena si sente male.

     

    Invece, se ci sono anche sintomi di ordine ansioso o insonnia, la probabilità aumenta.

    Sembrerebbe paradossale che un depresso non si lamenti della propria depressione, eppure chi vive la depressione “tipica” la vive come una condizione abnorme, ma con un suo “senso”, come se non avesse senso provare a cambiare le cose.

      La mancanza di speranza, il pessimismo sono neutralizzate dalla passività, dalla tendenza a rifiutare o non cogliere le occasioni, la sfiducia generalizzata e a volte dalle idee di colpa, inadeguatezza e rovina.

      Insomma, il depresso classico non si “vede” depresso ma si vede soltanto disgraziato, in una maniera che gli sembra sensata, meritata o comunque impossibile da cambiare. Ciò che spesso “muove” il depresso nella sua ricerca di aiuto è la parte ansiosa, e non spera di poter star meglio oltre l’eliminazione dell’ansia.


      Esiste una forma diversa di depressione, detta “atipica”, in cui invece la tendenza a chiedere aiuto è maggiore, perché di solito non vi è inibizione delle funzioni mentali, ma flessione dell’umore “egodistonica”: siamo ancora in presenza di quella funzione mentale che ci fa sentire la mancanza di una gratificazione che sarebbe possibile, ma sembra lontana e difficile. I depressi atipici si vedono depressi, si denunciano depressi, anche se lo sono per pochi giorni o per poche ore non tollerano questa condizione.

       

      I depressi atipici spesso, anche se fuori dall’episodio depressivo vero e proprio, tendono a chiamare “depressione” anche soltanto la presenza di sentimenti depressivi transitori, come tristezza, delusione, demoralizzazione per qualche evento negativo. I depressi atipici possono temere la ricaduta per un’oscillazione d’umore anche breve. I depressi “tipici” invece spesso di fronte ad una diagnosi di depressione piena e duratura non concordano sul fatto che l’umore sia basso, ma vedono la loro come una condizione comprensibile rispetto ad una realtà di rovina e di disperazione.


Quando la depressione è di tipo bipolare le cose si complicano. Le persone con disturbo bipolare, specialmente se in forma attenuata, tendono a considerare al massimo il disturbo in termini di depressione bipolare. Di solito però si presentano come “depressi”, “depressi cronici”, cioè non vedono e non ritengono di riferire la parte eccitatoria del loro disturbo. L’eccitabilità è riferita come “ansia” quando l’umore è basso, mentre quando l’umore è alto non è riferita poiché identificata con una condizione normale, cioè desiderabile e gratificante, o comunque di migliore spinta vitale.


La diagnosi di disturbo bipolare non è assolutamente tra quelle “gradite” ai pazienti, perché introduce una visione opposta a quella dettata dalla consapevolezza del disturbo, e cioè imperniata sull’eccitamento anziché sulla depressione. A questo contribuisce anche l’equivoco tra eccitamento ed euforia: un disturbo bipolare può anche essere composto da fasi depressive e fasi agitate, in cui l’umore è sempre depresso, ma il grado di attivazione motoria, ideativa e l’insofferenza oscillano tra l’inibizione e l’eccitazione.

E’ in questa instabilità, e i pensieri e le scelte che si alternano tra le fasi, che si realizza il concetto di bipolarismo. Per questo, il paziente non dovrebbe ragionare in termini di fasi “su” o “giù” prese isolatamente, ma dovrebbe concepire il disturbo bipolare come una cosa fondamentalmente diversa dalla malattia depressiva, che si riconosce dai danni che le oscillazioni tra inibizione e eccitamento producono sulla personalità, sul rapporto con il mondo e con i propri obiettivi di vita.


(...omissis...)



copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.medicitalia.it/minforma/psichiatria/563-depressione-disturbo-bipolare-specchio-vede-paziente.html?refresh_ce


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)