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La depressione nella terza età: diagnosi e trattamento

La depressione nella terza età: diagnosi e trattamento

 

 

La depressione nella terza età

 

 

 

Quanto è diffusa la depressione nella popolazione anziana?

La depressione è molto comune negli anziani, anche se non deve essere considerata una componente “normale” dell’età avanzata. In particolare, la sua frequenza varia a seconda delle popolazioni considerate. Nel nostro Paese si stima che circa il 20% degli anziani residenti a domicilio presentano sintomi depressivi clinicamente rilevanti, mentre tra quelli ricoverati in reparti ospedalieri la percentuale sale a oltre il 30% e negli ospiti delle case di riposo sino al 45%. Tali differenze sono verosimilmente legate sia ai vissuti di perdita dell’individuo, che abbandona i propri riferimenti storici (la casa, le relazioni significative), sia alla maggior presenza di patologie fisiche e di disabilità in coloro che vengono ricoverati o istituzionalizzati. Data l’elevata frequenza nelle istituzioni per anziani, lo screening per la depressione in queste strutture dovrebbe costituire una pratica di routine.


Quali sono le cause ? Esistono persone più a rischio di altre?

I fattori che incrementano il rischio di depressione in una persona anziana riguardano aspetti esistenziali, sociali, psicologici e biologici, variamente intrecciati tra loro nei singoli casi. I fattori più documentati sono il sesso femminile, essere celibi/nubili o vedovi, la disabilità (ad es. per malattia), un lutto recente e l’isolamento sociale. Va ricordato che gli anziani sono particolarmente esposti ad eventi di perdita, quali ad es. la scomparsa di persone care, il pensionamento, la riduzione del ruolo sociale e delle risorse economiche, ecc. Altre condizioni che predispongono un anziano alla depressione possono essere la presenza continua di dolore fisico, l’abuso di alcool o una storia personale o familiare di depressione. Nelle persone che sviluppano per la prima volta un quadro depressivo in età avanzata, la risonanza magnetica nucleare evidenzia spesso delle piccole alterazioni che indicano un’insufficienza circolatoria a livello cerebrale. Alcune malattie, quali lo stroke (ictus), l’ipertensione, il diabete o la demenza si associano alla depressione nel 30 al 80% dei casi. In particolare, i rapporti tra Demenza di Alzheimer e depressione non sono a tutt’oggi ancora chiariti, anche se sembra probabile che quest’ultima possa rappresentare sia un fattore di rischio per l’insorgenza della demenza, sia una sua manifestazione precoce. Da ultimo, ma non certo per importanza, l’assunzione di alcuni medicinali (ad esempio cortisonici, alcuni antiipertensivi o sedativi) può o indurre l’insorgenza di un quadro depressivo indistinguibile da quello spontaneo. Ancor più che negli adulti giovani, la complessità e l’estrema variabilità individuale di tutti questi fattori di rischio devono essere considerate sia nel momento diagnostico che nell’elaborazione di una strategia terapeutica.


Quali sono i sintomi?

I familiari e le persone vicine al paziente dovrebbero essere in grado di riconoscere i sintomi più comuni della depressione, per poter poi chiedere, se necessario, un aiuto medico. Va segnalato come, a differenza della depressione dell’adulto giovane, che si manifesta generalmente con un insieme piuttosto definito di sintomi caratteristici, nel vecchio è frequentissima una forte espressività di solo due o tre sintomi depressivi, capaci di provocare comunque una grave sofferenza. I due sintomi fondamentali della depressione sono una tristezza persistente che duri da due o più settimane e la perdita o diminuzione di interesse e piacere. Le attività quotidiane risultano compromesse in modo variabile a seconda della gravità del quadro depressivo. Altri segni importanti possono essere quelli di tipo fisico, quali alterazioni dell’appetito e del peso corporeo, alterazioni del sonno, stanchezza. Frequente è la presenza di ansia, inquietudine, talora agitazione. I pensieri sono spesso improntati alla perdita della speranza, al pessimismo, all’ inadeguatezza, talora a vissuti di colpa non giustificati. L’anziano depresso, più del giovane, può sviluppare sintomi quali irritabilità, ostilità o anche sospettosità, sino a veri e propri deliri di persecuzione (ad es. di gelosia o riferito al furto di oggetti personali). Altre espressioni depressive tipiche dell’età avanzata comprendono lamentele eccessive circa la perdita di memoria o la presenza di dolori vaghi, diffusi, mutevoli nella sede e nell’intensità, che vengono talora attribuiti a malattie inesistenti (ipocondria), mentre altre volte si confondono con quelli di una patologia fisica reale. Infine, il vecchio depresso può percepire la vita come non più meritevole di essere vissuta e, nei casi più gravi, desiderare di porvi fine.
La depressione senile ha un decorso ed una prognosi peggiori rispetto a quella degli adulti giovani: gli episodi sono più lunghi (anche anni) e la tendenza alle ricadute ed alla cronicizzazione è due volte più elevata.


Quali sono le conseguenze ?

La conseguenza più drammatica della depressione è il suicidio. La frequenza dei suicidi nella popolazione anziana risulta più che raddoppiata rispetto alla popolazione generale ed è massima nei soggetti maschi di oltre 85 anni. La depressione è un importante fattore di rischio per il suicidio ed il 60-70% delle persone anziane che si suicidano presentano una depressione clinica.
La depressione non trattata ha generalmente un impatto negativo diretto sulla salute fisica delle persone che ne sono affette. Essa incrementa il rischio di sviluppare malattie quali cardiopatie, stroke (ictus), neoplasie, demenze, ecc. e peggiora la prognosi delle malattie fisiche già presenti. La moderna psicosomatica ha individuato tutta una serie di modificazioni biologiche correlate alla depressione che medierebbero questi eventi clinici. Le più documentate risultano una maggior tendenza alla formazione di trombi e all’insorgenza di aritmie cardiache e un deficit del sistema immunitario. Alcuni studi condotti in case di soggiorno hanno documentato come le persone anziane depresse hanno un incremento sostanziale di mortalità per malattie fisiche rispetto ai coetanei non depressi. Questo dato sottolinea ancora una volta la necessità di riconoscere e trattare tempestivamente la depressione in questi anziani particolarmente “fragili”.


Perché è difficile diagnosticare la depressione in una persona anziana?

Si ritiene che solo il 50% delle depressioni senili vengano riconosciute correttamente, e di queste solo il 50% venga curato in modo adeguato. Negli anziani l’identificazione della depressione è complicata dal fatto che alcuni sintomi chiave, quali astenia, facile faticabilità, disturbi del sonno, perdita di peso corporeo, accompagnano spesso il processo dell’invecchiamento, così come sono sintomi di numerose patologie somatiche di cui l’anziano è sovente affetto. Anche il criterio che prevede che i sintomi della depressione siano in grado di limitare le attività sociali e del vivere quotidiano è più difficilmente applicabile alla persona anziana, nel quale la frequente presenza di malattie fisiche rende più incerta la attribuzione delle limitazioni di attività al disturbo depressivo. Il vecchio depresso tende a sottovalutare la sua depressione e a non riferire spontaneamente sintomi importanti, quali la diminuzione di interesse o di piacere in tutte o quasi tutte le attività, richiamando invece l’attenzione del medico sul proprio corpo sofferente, che viene quindi utilizzato quale “mediatore” della comunicazione del disagio emotivo. La scarsa propensione dell’anziano a comunicare è racchiusa nell’espressione “depressione senza tristezza”, emblematica del vissuto di molti anziani depressi. La depressione senile è variamente influenzata dalla presenza di deficit cognitivi (di memoria, attenzione, concentrazione, ecc.), che possono arrivare fino a simulare un quadro clinico di demenza e che migliorano dopo trattamento con farmaci antidepressivi. Il termine “pseudodemenza”, utilizzato in passato per identificare questi quadri clinici estremi, è stato progressivamente abbandonato. Alcuni studi hanno infatti dimostrato che la maggior parte di queste forme evolvono nel tempo in una vera demenza, di cui rappresentano probabilmente degli stadi molto precoci.


Nella terza età la depressione è da considerarsi inevitabile?

La psicogeriatria è la disciplina medica che raccoglie e integra la cultura e la pratica di diverse specialità (psichiatria, geriatria, neurologia) per la diagnosi e la cura e dei disturbi emotivi e psichici degli anziani. La cultura psicogeriatrica non considera appropriato il concetto latino della “senectus ipsa morbus”, cioè che la vecchiaia stessa sia una malattia, anche se alcune  manifestazioni depressive si sovrappongono a quelle della vecchiaia fisiologica. La letteratura scientifica concorda sul fatto che, sebbene la depressione interessi un gran numero di persone anziane, essa non va comunque considerata una conseguenza attesa o necessaria dell’invecchiamento, ma un disturbo diagnosticabile e curabile, così come nell’adulto giovane. E’ un imperativo per tutti gli operatori della salute mantenere un approccio positivo nei confronti di un evento così grave e distruttivo per la vita delle persone che ne soffrono e dei loro cari e contribuire alla diffusione di tale atteggiamento e alla messa al bando di pregiudizi “ageistici”, come quello che i vecchi depressi non rispondono alle terapie, pregiudizi peraltro sfatati dalle evidenze scientifiche.


E’ possibile prevenire la depressione in età avanzata? In che modo?

La complessa patogenesi della depressione, così come quella di tutti i disturbi psichici, non ha permesso sinora di stabilire dei metodi di prevenzione che siano scientificamente provati. Il primo obiettivo di un approccio preventivo è rappresentato comunque dall’identificazione delle persone anziane a rischio, che può essere effettuata “pesando” i fattori di rischio per depressione citati in precedenza. Sono stati proposti interventi di prevenzione a vari livelli e con vari metodi. Ad esempio, in anziani affetti da malattie mediche croniche, tecniche di tipo cognitivo, abbinate all’esercizio fisico, sono risultate efficaci nei confronti di iniziali, lievi, sintomi depressivi e ansiosi ed anche dell’insonnia. Un approccio “primario” di tipo biologico è considerato l’abbassamento dei fattori di rischio vascolare (ipertensione, dislipidemie, fumo, ecc.). Grande risalto viene dato agli interventi psicoeducativi, mirati ad informare gli anziani ed i loro familiari circa la malattia depressiva ed i suoi possibili trattamenti, in modo da ridurre lo stigma ed accrescere il numero di persone che chiedono aiuto.


In quale modo si cura la depressione nella persona anziana?

Gli scopi della cura consistono nella riduzione dei sintomi psichici e fisici della depressione, nel miglioramento delle funzioni cognitive (attenzione, memoria, concentrazione, ecc.) e delle capacità relazionali, nella prevenzione delle ricadute e dei comportamenti suicidari. Ove risulti opportuno, va inoltre fornito un aiuto volto a migliorare le capacità della persona di gestire la disabilità, eventi di vita negativi o situazioni relazionali conflittuali.
I farmaci antidepressivi sono l’intervento di scelta nel caso di una depressione medio-grave, da soli o in combinazione con una psicoterapia, mentre un intervento di supporto psicologico o una psicoterapia possono essere indicati, da soli, nei casi di depressione più lieve.




(...omissis...)



copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.villaggiodellasalute.com


(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)