A Londra: il secondo passo

A Londra: il Secondo Passo
Ero a casa l’altra mattina e riordinavo le mie carte, quando mi è venuta tra le mani una cartellina su cui era scritto “Londra e A.A.”.
Un flusso di emozioni e di ricordi subito si è affacciato alla mia mente. Lì in quella cartellina c’erano cose dei giorni più importanti della mia vita. Già, perché per me “Londra e A.A.” sono come una cosa sola. È là, parecchie ventiquattr’ore fa, che ho conosciuto la nostra Associazione e la salvezza dall’alcol; là in una clinica come da noi purtroppo non se ne trovano ancora e dove le uniche medicine che mi diedero furono il Grande Libro e “I Dodici Passi”, una terapia intensiva che si interrompeva solo per dormire e io, quando dormivo, sognavo.
È durata un mese ma, dopo, l’incubo dell’alcol era vinto e con l’aiuto di A.A., del suo Programma, dei suoi Gruppi, i risultati di questa vittoria possono essere salvaguardati giorno per giorno, ora per ora. Continuando a lavorare al Programma.
Tra le cose che erano nella mia cartellina, una mi ha colpito forse più delle altre ed era un mio “compitino” sul Secondo Passo.
Sì, un compitino, perché ci facevano fare anche dei compitini scritti. E così ho ritrovato, scritte nel mio inglese, poche righe su come io l’avevo capito allora, quando appena da pochi giorni avevo smesso di bere e le mie idee non erano certo molto chiare.
Vorrei tradurle per gli amici A.A. quelle poche righe perché, rilette oggi, mi appaiono semplici e spontanee e forse potrebbero essere utili a qualche nuovo che potrà leggere come la pensava uno che era allora nelle sue stesse condizioni attuali e che dopo tanto tempo non cambierebbe una virgola di quanto aveva scritto allora. Perché per me è sempre così.
Ed ecco quello che scrissi:
Per che crede in Dio è una logica conseguenza dell’accettazione del Primo Passo: “Siamo senza potere sull’alcol, le nostre vite sono divenute ingovernabili”.
Potrebbe Dio crearci impotenti nei riguardi di qualcosa che ci degrada fisicamente e moralmente a un tal punto senza, nello stesso tempo, offrirci la via della salvezza? Certamente no!
Per chi crede, come me, il problema è solo: Come posso chiedere a Dio di ottenere ciò? In che modo?
Per gli uomini che non credono, ciò è più difficile, ma dovrebbe essere sufficiente l’evidenza che nella vita vi sono molte cose che è impossibile fare da soli e per le quali abbiamo bisogno dell’aiuto degli altri. La necessità di metterci insieme, per avere maggiore forza, significa già riconoscere che esiste un potere più forte di noi. Se aggiungiamo l’evidenza che molti hanno potuto recuperarsi attraverso la partecipazione ad A.A., abbiamo la prova che, dove non hanno potuto avere successo da soli, lo hanno avuto con l’aiuto di qualcosa di diverso. Possiamo chiamare “questo qualcosa” come ci piace: Dio, Gruppo, Potere più grande di noi, ecc., non ha importanza. È sempre a “questo qualcosa” o “qualcuno” che dobbiamo chiedere la forza che non abbiamo.
Questo era, e continua a essere, il mio modo di interpretare il Secondo Passo. Il “counsellor” che lo lesse vi scrisse due righe di commento e suggerimento:
1) Chiedi la forza.
2) Abbi la fiducia che ti sarà data.
Ed è quello che ho cercato di fare in questi anni. I risultati ci sono. Spero che sia così pure per il futuro.
N. - Lazio (1988)