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Eroina: gli effetti sul cervello

Eroina: gli effetti sul cervello

 

Eroina

Analgesico oppiaceo semisintetico ottenuto per diacetilazione della morfina parzialmente purificata. Il colore può variare dal bianco al marrone al nero, a seconda dell’origine e della qualità della tecnica di preparazione: l’eroina cloridrato pura è una polvere bianca, l’eroina messicana (“black tar”) si riconosce per il suo aspetto nerastro.

La maggiore solubilità nei grassi rispetto alla morfina la fa arrivare prima al cervello, passando più rapidamente attraverso la barriera emato-encefalica. Tuttavia la velocità di accesso dell’eroina al cervello dipende anche dalla via di somministrazione. Il modo più veloce è la via endovenosa, il secondo è fumarla: quando l’eroina viene fumata o iniettata raggiunge la massima concentrazione cerebrale nel giro di un paio di minuti. Sniffare eroina provoca un assorbimento più lento, perché la droga deve passare attraverso la mucosa del naso fino ai capillari sanguigni sottostanti.

L’assunzione per bocca produce i suoi effetti molto più lentamente, perché la sostanza deve essere assorbita dall’intestino tenue e poi passare attraverso il fegato (che la può in parte degradare), prima di raggiungere la circolazione generale. Questo processo richiede circa 30 minuti, un tempo troppo lungo per produrre il “rush” di piacere tipico degli oppiacei.

La mancanza di questo picco di piacere è la ragione per cui il metadone è utile sia nel trattamento della dipendenza che come farmaco contro il dolore.

Un grande passo in avanti nella conoscenza dell’eroina e degli oppiacei fu compiuto quando si fu in grado di identificare con esattezza a livello microscopico le strutture cerebrali che contenevano i recettori a cui queste droghe si legano ed i neurotrasmettitori endogeni di cui usurpano il posto (oppioidi endogeni).

Le molecole naturalmente prodotte dal cervello fanno parte del gruppo endorfine/encefaline e sono implicate nel controllo del movimento, degli stati d’animo, e delle varie funzioni fisiologiche (digestione, temperatura corporea e respirazione). Inoltre gli oppioidi endogeni partecipano all’elaborazione delle sensazioni dolorose: infatti alcune delle massime densità di recettori degli oppiacei si trovavano in aree note per essere implicate nell’integrazione delle informazioni riguardanti il dolore (sostanza gelatinosa del midollo spinale, porzione mediana del talamo, sistema limbico).

Attraversata la barriera ematoencefalica l’eroina perde i gruppi acetili ritrasformandosi in morfina, si lega ai recettori oppioidi delle cellule cerebrali limbico manifestando un azione agonista (attivando i recettori); bloccando il rilascio dei neurotrasmettitori a livello presinaptico e provocando la fuoriuscita di ioni potassio dal neurone post-sinaptico. Tutto questo provoca l'inibizione della trasmissione nocicettiva periferica al sistema nervoso centrale e influenza l'emotività e il comportamento.

Il recettore principale (mu) è quello che induce praticamente tutti gli effetti tipici degli oppioidi: analgesia, euforia, depressione del respiro. Il secondo recettore (delta) coopera con il mu in alcune zone per produrre questi stessi effetti. Il terzo (kappa), diversamente dagli altri, perché causa analgesia senza indurre l’euforia. Purtroppo però stimolando unicamente questo recettore si produce l’effetto inverso dell’euforia, ovvero la disforia.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link:

http://www.neuroscienzedipendenze.it/eroina.html

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)