Dipendenze patologiche e social network: il fenomeno dell'infinite scrolling
Dipendenze patologiche e social network: perché prendersi una pausa fa bene alla salute
Un recente studio ha dimostrato che una sola settimana di assenza dai social può migliorare il benessere generale degli individui.
“Scorrere i social media è un’abitudine così comune che lo faccimo quasi senza pensare, dal momento in cui ci si sveglia a quando si va a dormire”, spiega Jeff Lambert, capo del Dipartimento per la salute di Bath. Da dove nasce questa abitudine? E perchè prenderci una pausa può risultare così difficile? Perchè alla base sembra esserci un meccanismo di dipendenza, anche fisica.
Cos’è la dipendenza patologica?
L’OMS definisce la dipendenza patologica come “una condizione psichica, talvolta anche fisica, derivante dall’interazione tra un organismo e una sostanza, caratterizzata da risposte comportamentali che comprendono un bisogno compulsivo di assumere quest’ultima in modo continuativo o periodico, allo scopo di provare i suoi effetti psichici e di evitare il malessere dovuto alla sua privazione”.
Esistono varie tipologie di dipendenza patologica: da sostenze, affettiva, sessuale, alimentare, di natura comportamentale (ad esempio il gioco d’azzardo) e, negli ultimi decenni, si è aggiunta quella tecnologica. In tutti i casi, pur cambiando la sostanza da cui si dipende, il meccanismo di base è lo stesso. Si tratta del sistema della ricompensa: un processo neurofisiologico basato sulla dopamina, neurotrasmettitore che si attiva tutte le volte che siamo in attesa di una risposta e che provoca forte benessere. In altri termini, ciò che ci spinge a tirare cocaina o la manopola della slot-machine è la stessa ricerca di quella “botta di dopamina”.
Dipendenza da social network
Spesso quando pubblichiamo un post su Facebook o Instagram, attendiamo un like, un commento o una reazione. Nel bel mezzo di quest’attesa i nostri neurotrasmettitori rilasciano dopamina. Di conseguenza, la nostra mente (che a volte è più ingenua di quanto pensiamo) finisce per associare la sensazione di euforia derivante dall’attesa a qualcosa di positivo. Un’altra attività che può diventare inconsapevole e automatica è l’ “infinite scrolling“, ovvero il continuo scorrimento della home. Lo stesso Raskin, inventore di questa funzione, ha ammesso che avrebbe preferito non inventarla. Perché? Per quattro motivi: crea un “effetto novità”, aumenta la produzione di dopamina, diventa un gesto automatico, produce assefuazione.
Anche se non ce ne rendiamo conto, i social possono generare in noi stati di ansia. Da un lato, la dipendenza fisica comporta anche l’astinenza, dall’altro possono crearsi meccanismi di confronto con gli altri e il timore di non essere all’altezza.
Ogni tanto prendersi una pausa fa bene
Un recente studio, condotto da un team di ricercatori dell’Università di Bath, ha analizzato gli effetti sulla salute mentale che potrebbe avere prendersi una settimana di pausa dai social. La ricerca è stata condotta su un campione di 154 individui di età compresa tra i 18 e i 72 anni. Ad alcuni partecipanti è stato chiesto di smettere di utilizzare i social per sette giorni o di ridurne l’utilizzo a pochi minuti. Al gruppo di controllo, invece, è stato consentito di utilizzarli come d’abitudine. I risultati, pubblicati sulla rivista “Cyberpsychology”, hanno dimostrato come una sola settimana di assenza dai social migliorasse il livello generale di benessere degli individui. Nello specifico, il miglioramento riguardava i livelli di ansia e depressione, suggerendo un beneficio a breve termine.
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copia integrale del testo si può trovare al seguente link:
(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.cufrad.it)