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Dipendenza da videogiochi? Piano con le parole, lo dice la scienza

Dipendenza da videogiochi? Piano con le parole, lo dice la scienza

Dipendenza da videogiochi? Piano con le parole, lo dice la scienza

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E’ arrivata, come atteso, la risposta del mondo accademico alla decisione dell’OMS di introdurre il “gaming disorder” ovvero la dipendenza da videogiochi nella lista delle malattie mentali. Che il tema fosse quantomeno controverso era evidente sin da subito (ne avevamo parlato qui) , che le evidenze scientifiche per tale decisione fossero molto deboli anche. In un articolo pubblicato sul Journal of Behavioral Addictions, 36 esperti di salute mentale, scienziati sociali e docenti appartenenti a centri di ricerca e università, tra cui l’Università di Oxford, l’Università Johns Hopkins, l’Università di Stoccolma e l’Università di Sydney, hanno criticato la scelta dell’OMS.

Innanzi tutto, manca una definizione chiara e concorde di cosa sia, esattamente, la dipendenza da videogiochi e, come sempre, una linea di demarcazione netta tra ciò che rientra nella “normalità” e ciò che invece rientra nelle patologie. Serve cautela, raccomandano gli esperti. Inoltre, la definizione di disordine da dipendenza da videogiochi manca del necessario supporto scientifico e di una evidente utilità clinica, appare quindi prematuro l’inserimento tra i disturbi mentali. Rispetto a quest’ultimo punto, gli autori sottolineano come non sia stato dimostrato in alcun modo se il “gaming disorder” sia realmente un disturbo a sé stante o sia semplicemente il sintomo legato ad altre cause primarie, una strategia per affrontare altri problemi, un comportamento di ‘coping’, il che porta a dire che forse avrebbe più senso capire cosa sta “coprendo” l’eccessivo utilizzo dei videogiochi, cosa c’è sotto.
La mancanza di standard scientifici robusti e condivisi in questo campo di ricerca rende assolutamente prematura una definizione che suona come definitiva. Ulteriori ricerche andrebbero favorite (come suggerito nell’ultima revisione dell’altro manuale diagnostico universalmente riconosciuto e utilizzato, il DSM-5), proprio in presenza di tute queste variabili e criticità.

I rischi ci sono: eccesso di diagnosi e medicalizzazione, tra gli altri. E se pensiamo che parliamo di un problema che spesso riguarda i giovanissimi, l’asticella dell’attenzione e della cautela andrebbero anche alzate. Anche perché l’irrigidimento nella ricerca di formalizzare una diagnosi (e quindi una cura standardizzata?) potrebbe distogliere l’attenzione dal problema reale, che riguarda l’eccessivo utilizzo dei videogiochi in alcuni casi e in alcuni contesti. Ma i casi vanno esaminati, prima di tutto, proprio nel loro contesto.

(...omissis...)

copia integrale del testo si può trovare al seguente link: http://www.ilsole24ore.com/art/tecnologie/2018-03-01/dipendenza-videogiochi-piano-le-parole-dice-scienza-171218.shtml?uuid=AEyk6E9D

(Articolo pubblicato dal CUFRAD sul sito www.alcolnews.it)